Fusione Hera Acegas, il sindaco Gnassi: L’azienda torni a proteggere il territorio. E su M5S: è un movimento "caserma"
“Il Consiglio comunale di Rimini ha civilmente discusso e approfondito un tema con problematiche ad altissima sensibilità per il nostro territorio. Era bene farlo indipendentemente dall’influenza che il voto di Rimini ha rispetto agli altri soci”, dice il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, dopo il consiglio che ha detto non alla fusione e prima dell’assemblea dei soci che dirà sì. “Conta più il 2 per cento delle azioni Hera che Rimini ha o piuttosto il 50, 60, 70 per cento dell’economia e dell’ambiente riminese?”.
Il processo di aggregazione delle aziende di servizi gestiti dalle municipalizzate è scattato a fine anni Novanta, anche per Rimini. Comune e Provincia hanno aderito “convintamente con un occhio attento alla tutela del patrimonio finanziario e soprattutto con l’altro ancora più vigile circa il rispetto della capacità di infrastrutturare il territorio di servizi”. Allo stesso modo, con uno “spirito, estremamente concreto e senza derive romantiche o populiste, è stata valutata l’operazioni industriale di questo 2012. Per noi il punto vero, inaggirabile resta anche oggi quanto guadagna il territorio e con esso la comunità che lì sopra ci vive e non quanto guadagnano le aziende. Anche la fusione proposta tra Hera e Acegas oscilla per il Comune di Rimini tra queste due versanti: azionisti o istituzioni? Noi preferiamo essere istituzioni”.
Sulle condizioni della gestione della risorsa idrica a rimini e sullo stato di Hera, il sindaco dice che “non siamo nelle mani di stranieri o fondi che fanno business su acqua e rifiuti. Non siamo la Napoli con i rifiuti in strada non vogliamo essere la demagogia che propone magiche soluzioni innovative sui rifiuti ma intanto pensa di esportarli in Olanda tutto ciò è un bene. Ma oggi non possiamo nascondere che l’incremento di dimensione aziendale e industriale ha portato con sé un appannamento della ricaduta per così dire ‘domestica’. Le risorse da destinare agli investimenti sul territorio (mission) sono state via via erose dalla necessità di procedere ad acquisizioni extraterritoriali, necessarie a sostanziare le esigenze di un’azienda sempre più grande”.
La fusione quindi avrebbe avuto “un senso” “se guardata con gli occhi dell’azionista”. “Se guardata con quello che solitamente definisco ‘approccio integrato’ mostra tutti i limiti che ho detto. Che sono limiti superabili nel momento in cui Hera, che - non dimentichiamolo mai - è la nostra multi servizi, ritroverà il suo spirito originario, vale a dire proteggere e servire i territori prima che le regole di un mercato che, come un Moloch senza forma, ha peraltro condotto il mondo sul baratro di una crisi epocale. In altre parole ritroverà una dimensione valoriale a cui a cui non possono sottrarsi soprattutto le aziende a maggioranza pubblica”.
“Alla stessa dimensione valoriale non possono essere refrattari i partiti”. Arriva infine una parola per il Pd, “una forza che si riconosce nel confronto aperto e democratico e non ne ha paura”, e una un pochino pesante per il Mov5S (tra i critici all’aggregazione, ma non i soli, visto il voto del sindaco), un “movimento caserma”, cioè “quelli che quest’oggi, al posto del Pd e davanti un voto come quello di poche ore fa nell’assise riminese, avrebbero tranquillamente proceduto a bandire dal partito mezzo o tutto il gruppo consiliare, magari dopo l’anatema del guru telamatico”.